VIAGGIO ACACUS LIBIA RAID
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INIZIAZIONE AL DESERTO 10/20
febbraio 2006 di Elina
Finalmente venerdì è arrivato...è il giorno della partenza e siamo
in fibrillazione.Alzataccia alle 4 del mattino per riuscire ad imbarcarsi per
Roma con il volo delle 7.00.Qui troviamo il resto del gruppo : una coppia di
S.Severino marche,Mario e Fabiana,tre amici di Torino e infine Giancarlo che
sarà il nostro coordinatore e capogruppo...è un ragazzo di 22 anni...giovane...chissà
perchè ma mi aspettavo una persona più adulta ( dovrò ricredermi,l'età non
è tutto). Partenza in perfetto orario,ho scoperto poi che la puntualità in
Lybia è un optional e alle 14.30 atterriamo a Tripoli.:Qui io e mio marito
Carlo abbiamo la prima sorpresa....non ci sono i nostri bagagli !!!!L'errore
purtroppo è stato mio...privi di passaporto a Venezia avremmo dovuto ritirare i
bagagli a Roma e reimbarcarli per Tripoli...morale della favola...una settimana
con gli stessi pantaloni imprestati da Mario e con l'attrezzatura motociclistica
fornita da Giancarlo!! Poco male...non è questo che ci abbassa il morale...Il
sabato lo passiamo gironzolando per Fijeij mentre Giancarlo mette a punto le
moto.Ha deciso che,anche se sono una donna mi darà un ktm 525 come agli
altri....io ho un po' di timore...non ho una preparazione specifica e sono
completamente a digiuno di tutto quello che è cross e enduro...( ho un custom
800 e ho sempre viaggiato comoda sull'asfalto ) ma ho parlato anche con
Marna,una veterana di questi raid e mi ha tranquillizzato...lei pensa che possa
farcela...speriamo bene!!! E' sabato sera ed arriva la prima batosta...Tommaso,uno
dei tre ragazzi di Torino,provando la moto ha un incidente e si è rotto un
piede...per lui e i suoi tre amici il raid è finito prima ancora di
iniziare....parte la sera stessa per l'Italia accompagnato da Fabrizio e Andrea.Se
uno fosse superstizioso avrebbe di che pensare...(siamo partiti di venerdì).Comunque
la mattina dopo, seppur un po' malinconici si parte...l'avventura comincia...Siamo
accompagnati da tre guide..Ashim,il più simpatico e gigione,Belo,che fino a che
non entra in confidenza dà l'idea di essere il più serioso e Mohamed il
giovane.
Il deserto...terra splendida,se non si vede non si può immaginare. Le maestose
dune dell'Idehan Murzuq e dell'Idehan Ubari ( mare di sabbia) si estendono per
migliaia di cholometri quadrati,mentre le profonde valli che si aprono nella
distesa del deserto nascondono inaspettati laghetti orlati di palme.Un incanto
!!! Dopo un paio di giorni dall'inizio del viaggio incominciamo a intravedere le
splendide montagne dell'Acacus,alture rocciose dalle forme straordinarie.In
quest'area si trovano le più antiche pitture rupestri : è il luogo dove l'Uomo
ha imparato a rappresentare se stesso : dipinti e graffiti datati oltre 9.000
anni fa.I dipinti rupestri presenti nelle zone del Jebel Acacus e di Wadi
Methkandoush costituiscono la più preziosa fonte di informazioni su un'epoca
antica caratterizzata da fitte foreste,intense precipitazioni e una ricca vita
animale.Sugli spuntoni rocciosi dell'Jebel Acacus si può talvolta vedere il
waddan,che è una grande capra selvatica,noi però grazie a Belo e Ashim abbiamo
potuto gustare la "capra coltivata",comprata nel deserto dai due
tuareg e mangiata la sera stessa (senza frollatura..dura come la classica suola
di scarpa !!!).Il raid prosegue tra non poche difficoltà,almeno da parte
mia....una mattina presa dalla disperazione dopo l'ennesima caduta mi veniva da
piangere -..ma chi me l'ha fatto fare?- Stringo i denti e rimbalzo sulla sella...ancora
poche ore...forza !!!L'ultimo campo è sulle dune nei pressi del laghetto del
Oum El Ma,dalle acque rossatre e piene di zanzare ( nessuno ci ha avvertito di
portare l'Autan...siamo divorati vivi e anche Ashim ha decretato...- "mai
più campo vicino al lago!! "-Alla sera Giancarlo decide di andare a
dormire a Fijeij e ci saluta promettendo di fare colazione con noi l'indomani
mattina ,ma l'ora che doveva arrivare passa e noi cominciamo a preoccuparci...perchè
non arriva? Che sia successo qualcosa? Decidiamo di partire ugualmente...arrivati
al campaggio la brutta notizia ...saltando una duna Giancarlo si era fratturato
entrambe le braccia...proprio lui che ci ripeteva fino alla nausea
:"...arrivati sulla cresta fermatevi...la duna è pericolosa,non si sa la
forma che ha dall'altra parte..!!! Per fortuna l'operazione all'ospedale di
Tripoli era andata bene e nel giro di un paio di giorni sarebbe tornatao a casa.
...e così ,tra un problema e l'altro... anche l'ultimo giorno è arrivato,siamo
dispiaciuti e anche se decimati abbiamo trascorso dei giorni piacevoli...un'esperienza
indimenticabile...con le guide è tutto uno scambio di indirizzi mail,anche se
mi sorge il dubbio che non abbiano il computer!!. Io sono malconcia e massacrata
di lividi (ogni gamba ha tutte le sfumature del blu e del viola causate dagli
ematomi delle varie cadute...il mio handicap era costituito dagli arrivi e dalle
partenze...in quanto la moto era piuttosto alta e quindi, perdevo facilmente
l'equilibrio ) ma soprattutto orgogliosa di essere riuscita a terminare il raid
nello splendido deserto dell'Acacus.Un abbraccio a tutti e ...alla prossima
elina
Iniziazione al deserto con moto KTM “3 – 13
marzo 2006” di Antonella Di Capua
Era tanto tempo che volevo vedere il deserto, e qual è il modo migliore per una
motociclista se non quello di viverlo in moto? Ce l’ho fatta!!!
È stato il più bel viaggio della mia vita.
Il fascino di quei paesaggi, oltretutto estremamente vari, e il vivere inserita
all’interno di quella natura immensa e splendida per 6 giorni di seguito è
stata un’emozione difficilmente descrivibile con le parole……e il tutto
amplificato dal fatto di essere in moto.
All’inizio ero un po’ preoccupata, perché non sapevo se sarei stata in
grado di affrontare in moto 1350 km nel deserto: la sabbia, le rocce, i
lastroni, i traccioni non sono propriamente il tipo di terreno che sono abituata
a percorrere in città.
Fin dal primo giorno della nostra avventura invece mi sono tranquillizzata, e
chiaramente sono arrivata ad imparare a “sciare” sulle dune con la moto….STREPITOSO!!!!
E poi che dire delle cene a base di rigatoni all’amatriciana, delle serate
passate insieme davanti al fuoco a bere il favoloso tè ritualmente preparato
dalle nostre fantastiche guide tuareg, dello spettacolo di colori alle
differenti ore del giorno, del cielo notturno tappezzato di stelle? Queste sì
che sono le cose belle della vita!!!
Un grande abbraccio ai miei valorosi compagni di viaggio: Pietro (Peter il mio
amico storico), Ulisse (Peter Pan), Michele (Gargiulo), Luigi (occhi azzurri),
Giorgio (il taciturno), Roberto (il conte), Frodo (l’uragano), e la nostra
fantastica capogruppo Marna (la pischella nonna Marna).
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INIZIAZIONE AL DESERTO ACACUS
(23/12/2005-02/01/2006) di Cinzia
Un'avventura. iniziata non so perché. un'idea che si è costruita da
sola e che io non ho fatto altro che accettare, senza sapere se e come l'avrei
potuta portare a termine. certe decisioni si prendono da sole e l'unica
cosa da fare è viverle passo passo senza fare domande.
Un'avventura, trovare persone raccolte da prati diversi dal tuo e sentirle la
tua tribù dopo la prima stretta di mano. Sara Manlio Roberto Romolo Luca
Francesco Mauro Stefano Gianluca e poi Giancarlo Frodo Alì e gli altri tuareg.
ed io, Cinzia. più giovani o più maturi, più esperti o più
insicuri, più robusti o più minuti, diversamente motivati ma
tutti pronti a dividere e condividere e anche a chiedere e ad accettare,
l'uno dall'altro, il bagaglio che ci siamo portati dietro.
Un'avventura, trovarmi in Libia e vedere come vivono uomini e donne come me ma
diversi da me. la loro vita dura è così lontana dalla mia? chissà
cosa avranno pensato i loro grandi occhi scuri vedendo questi turisti
irriverenti. sapranno che nei nostri vestiti abbiamo tante paure e
tanti desideri e che non siamo sempre ciò che sembriamo? avranno pensato
vedendo me e Sara che si può essere donna in mille modi, senza
arroganza, senza offesa? avremo meritato il loro rispetto o solo un loro
crudo giudizio? attention gazelle! bonne chance madame!
Un'avventura, sfidare me stessa a cavallo di quella inspiegabile KTM,
troppo alta, troppo pesante, troppo spesso indomabile. il
"cammello", sempre pronta ad assorbire i miei errori e la mia paura,
compagna straordinariamente fedele, magicamente comprensiva. mi ha portato dove
i miei occhi chiedevano, galleggiando su quel mare di sabbia rocce cespugli e
perfino zucche, in cambio di un pò di "gas". apri apri!!! ed io apro.
"piccolo diesel" mi chiama gianki. è così che sono io.
Un'avventura, fisica, sentire la fatica e ogni cellula assetata di ulteriori
energie, urlare ad ogni muscolo: resisti! sentire scorrere il sudore ed il
gelo tra i soliti abiti puliti di sabbia. vedere come il tuo corpo
risponde in maniera impensata e come si adatta a ritmi nuovi e pesanti. e non
hanno importanza le strane volute giallo-viola che compaiono qui e là sulle tue
gambe, diventano anzi trofei e guai a chi non ne ha... c'è chi persino arriva a
procurarsele in modi fantasiosi, come romoletto o con una "penna"
da drago...bè il T.L. se lo può permettere... e poi fiumi di
antinfiammatori, integratori, creme e non manca nemmeno il disponibile
lucagiuseppemario con il suo massaggio "toccasanatico".
si scherza seriamente in questa terra in cui non puoi permetterti un'
attimo di disattenzione, perché niente è uno scherzo. si rischia
davvero. e impari come le parole possono morirti in bocca quando non sai
cosa fare, quando qualcosa di grave succede veramente. a gianlu. uno
di noi.
Un'avventura, respirare tutta quell'aria tutto quel cielo tutta quella terra,
riempire gli occhi di morbide dune e svuotare la mente di tutte le cose
che dovremmo disimparare, lasciare entrare le luci di quel cielo rotondo e
nitido, di quei fuochi antichi degli immobili tuareg. e il silenzio. così
amico e così pieno. il "qui e adesso" che annulla il tempo e lo
spazio. questo è il semplice esistere. e non c'è cosa più grande.
un'avventura che a tratti ha bagnato i miei occhi di emozione vera e intima: io
immersa tra l'orizzonte e l'infinito. voglio portarmi dentro tutto questo per
sempre.
Un'avventura, guardare a questi giorni e vedere di essere stata proprio io
su quel K. bè vabbè ho fatto quel che ho potuto, ma ancora non ci posso
credere. o forse si. Non avrò paura di cadere quando ancora mi
capiterà di viaggiare veloce su terreni accidentati. aprirò e sarò
capace, guardando più avanti, di passare e inseguire quell'idea. con
la mente attenta salirò la duna morbida senza incertezze, poi uno sguardo,
perché non si sa mai cosa puoi trovare aldilà della cresta...
Un'avventura sarà far capire come mi sono sentita. mi sono divertita? ci
si diverte in vacanza, ad una festa. io ho vissuto. è stata vita vera da farti
scoppiare la mente e il cuore. è stato sentire la terra il vento il fuoco
l'acqua dentro di me. è avere un corpo ed essere lì dove niente altro ha
importanza se non vivere in quel momento. è amare gente mai vista prima che
magari non parla nemmeno la tua lingua. fare parte del cielo stellato. è
avere tanto freddo e tanto caldo. è avere bisogno e accettare aiuto,
è dare tutto quello che puoi e sai a chi è con te. non posso paragonarlo
a niente. ho visto la vera cintura di orione sopra di me ed è stato
straordinario sentire di essere un'umana.
Un'avventura dalla quale non si può tornare indietro.
Grazie a Marna, grazie ai miei "angeli" per avermi capita, per avermi
protetta, con una parola, con un'occhiata, con un giro di scotch, per
avermi raccolta innumerevoli volte insieme alla mia motina.
Grazie, a Frodo per il regalo tanto prezioso di un volo in
doppio che non dimenticherò.
Un'avventura, che non è finita. è cominciata.
on the road forever... si dice così?
INIZIAZIONE AL DESERTO di Sara
Devo essere sincera: questo viaggio non lo volevo fare, ma in
fondo era mia dovere morale accompagnare papà in quest’avventura che si stava
pregustando da molto, forse troppo tempo. Così, un po’ rassegnata, ho
intrapreso questo viaggio, alla volta di un mondo a me sconosciuto. Sarebbe
stato normale provare un minimo di paura, di timore, anche di vergogna magari,
per essere una ragazza in un gruppo solitamente maschile, e soprattutto la più
piccola, ancora inesperta di motociclette e dintorni, ma non ne ho avuto il
tempo: ho incontrato il migliore gruppo di viaggio che potesse capitarmi, un
assortimento di persone così diverse tra loro che sembravano nate proprio per
condividere quest’esperienza. Mai come in questa occasione le differenze che
potevano esistere tra di noi erano annullate dall’avere una stessa passione,
dal condividere le stesse forti emozioni. E poi, il primo impatto con il
deserto: nella mia ignoranza ho sempre creduto che il deserto fosse per l’appunto
“il nulla”, un luogo privo di fascino ed attrattive, ma le sensazioni che ho
provato in quei giorni di full immersion credo che sarà difficile ritrovarle in
qualche altro luogo. È stato un impatto fortissimo, una bellezza da mozzare il
fiato, che credo ci abbia segnati tutti, ma forse noi donne un pochino di più,
per quel luogo comune secondo cui le donne sono sempre di animo più sensibile
rispetto agli uomini.
Ma arriviamo alle vere protagoniste, dopo me e Cinzia ovviamente, di questo
viaggio: le nostre moto!!! Non credo ci sia il bisogno di descrivere l’inadeguatezza
che provavo nel vedere quei gioielli: io, così piccola ed inesperta, lei,
Babbuino, la mia moto, così fiera nei suoi colori accesi, che sembrava dicesse:
“provami, non saprai mai com’è se non provi”. E così, per quel gusto
della sfida che mi ha portato fin nel deserto, sono salita in sella, ed è
scoccato l’amore. Portare e farsi portare dalla moto in cima ad una duna
intonsa, curvare in derapata sulla vastità del plateau, darci di gas quando
credi di essere ormai a terra, cercare di mantenere il controllo sui sentieri di
sassi e poi, arrivare a fine giornata, quando il sole tramonta dietro la duna
come se fosse un quadretto dipinto, scendere dalla sella e dire “ce l’ho
fatta”: a quel punto la tua moto diventa la tua compagna di viaggio
inseparabile, e ti sembra che sia tua da sempre, che in sella a quella KTM ci
sei nato.
Sicuramente non sono mancate cadute, voli, lividi ed acciacchi di ogni tipo, che
una volta rientrata in patria mi hanno fatto guadagnare il titolo di “pazza
sgangherata” da parte di chi un’avventura così non può nemmeno
immaginarla, ma al momento, immersa in quell’atmosfera surreale che è durata
tutto il viaggio, quei dolori sono sembrati nulla, se non addirittura un trofeo
di cui andare fiera.
Come dimenticare poi le serate passate attorno al fuoco a bere il the preparato
dalle nostre guide!?!?! Chiacchierare tra di noi, prenderci in giro, ridere,
scherzare, cantare con i nostri vari Ali e Abdul, oppure semplicemente guardare
il cielo stellato, così tempestato di stelle da sembrare quello delle favole.
Addormentarsi la notte sotto quelle stelle, temere che sia tutto solo un sogno,
e svegliarsi la mattina dopo in un sogno ancor più bello: questo è stato per
me l’Acacus.
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INIZIAZIONE AL DESERTO di Cosetta
Non si è trattato di una sfida (uso il concetto fuor di metafora), forse c’è
stata da parte mia un po’ di incoscienza. Di fatto io, motociclista “da
strada”, non ci ho pensato molto. Il binomio deserto-moto è stato troppo
allettante.
Mi sono iscritta e li ho trovati là, i miei compagni di viaggio: 12
motociclisti e due accompagnatrici (Marna, che si è occupata di me e delle
riprese e la piccola Bea).
Sono stata oggetto di scommesse; me l’hanno dichiarato successivamente:
dicevano che non sarei durata un giorno. Del resto io, piccola e nera, su quella
moto così alta! Non c’era verso di toccare per terra.
Non ci ho pensato più di tanto; si sa, la riflessione può renderci codardi (Shakespeare
insegna). Di fatto l’avventura è iniziata, con me appesa alla “mia” moto
n. 10 che, di giorno in giorno mi è stata cucita addosso da Valter, il mio
angelo custode. Non solo, sono stata anche rivestita da capo a piedi. Il mio
equipaggiamento non era adeguato alle esigenze del viaggio. Sono stata quindi
assemblata come un puzzle.
Alle prime perplessità dei miei compagni di viaggio, si è sostituito un
incoraggiamento, uno sprone continuo ed una solidarietà per me commovente. E’
nata in me la voglia di non deludere loro e me stessa.
Ho guardato e visto con occhi sognanti immagini indescrivibili dai toni
pastello, ho sentito ed ascoltato silenzi da fiaba e percorso con loro plateau
color ocra con dune stagliate sullo sfondo, immersa in paesaggi irreali e in
scenografie di opere verdiane, sotto cieli da iconografie natalizie.
Ancora mi domando se è stato un sogno vedermi lì dritta, in piedi sulle
pedivelle della moto, abbracciando con lo sguardo i miei compagni che, alla
rinfusa, volavano con me su quel deserto dorato, con le jeep che ci precedevano
o ci seguivano in un andirivieni inusitato.
Ancora mi domando se ho sognato di cavalcare quelle dune, arrivando in cima alle
loro creste col cuore in gola ed il respiro a mille, pronta ad accelerare per
poi buttarmi giù con decisione in piccoli e grandi discese, in un sali e scendi
simile a quello di grandiose montagne russe che solo la natura ci può donare.
Ancora mi domando se ce l’avrei fatta senza loro, senza il loro supporto. Le
emozioni erano superiori alla fatica, alle paure, al dolore delle cadute. La
sera era lì ad attenderci con noi seduti attorno al fuoco: Marna, ai fornelli,
che si occupava del nostro stomaco (alla sera, quindi, niente tonno!), Fabio che
ci allietava con le sue barzellette (“se sei incerto .. gas aperto”),
Franco, single per eccellenza, che placava gli entusiasmi degli aspiranti alla
vita a due, con la sua “filosofia della pizza”, il Gattone che ci raccontava
le sue spericolate avventure, Sergio con la solare bonomia tipica dei “romagnoli
di una volta”, Mario con il tormentone (“me la dai, non me la dai …”) e
Carlo che gli faceva da piacevole spalla smorzandone od accrescendone i toni,
Giovanni con la sua pacatezza ed il suo equilibrio, il Conte (Carlo di Udine)
con la sua raffinatezza ed il suo aplomb, il Gallo ed i suoi reiterati e
spontanei incoraggiamenti, Paolo con il suo sostegno e il suo “pronto soccorso”
(grazie per le pomate miracolose!), i piacentini, Stefano e Cesare con la loro
ironia (“accidenti, chi s’era mangiato tutte le arance?”), Max e i suoi
“moccoli”, le belle chiacchierate con Bea e dulcis in fundo il generoso
Valter che, rassicurante, gravitava attorno, industrioso, adoprandosi alla
manutenzione delle moto (la mitica n. 10 è stata addirittura abbassata!),
predisponendo tutto per il giorno successivo. Un grazie particolare.
Un pensiero va anche a Mohammed (il tuareg) con il suo immancabile tè ed i suoi
sistemi di cura empirici (il mio pollice lussato è stato immerso in un benefico
intruglio di erbe da lui preparato), ad Alì che impastava il pane e lo lasciava
cuocere sotto la brace dividendolo e distribuendolo a tutti noi, alla sobria
presenza del poliziotto libico ed alla simpatia di Abu.
Ricordo tutti e ciascuno di Voi.
Da allora mi sono rimasti due occhi scintillanti ed un cuore rigonfio di
emozioni che mi hanno consentito di scrivere ed interpretare al meglio nove
giorni del “romanzo della mia vita”.