CAPPELLA DUCALE
SAN
LIBORIO
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Nel 1775 il duca
Ferdinando di Borbone fece distruggere il piccolo oratorio di San Liborio
fatto costruire da Francesco Farnese nel 1722 ed iniziò la costruzione
dell’imponente edificio ancora esistente consacrato nell’ottobre
1777. |
La chiesa conserva un’impressionante quantità di arredo liturgico originale coevo all’epoca di don Ferdinando, non avendo subito dopo la morte del duca (1802) rilevanti lavori di trasformazione. Nelle cappelle laterali vi sono opere dei principali artisti operanti a Parma nella seconda metà del 1700 quali: Gaetano Callani, la pala dei Santi Domenicani di Giuseppe Baldrighi, la sacra Famiglia e i Santi di Pietro Melchiorre Ferrari, Laurent Pecheux, Domenico Muzzi (autore del grande affresco che decora la cupola) e Benigno Bossi. Interessante la tribuna ducale che permetteva a Don Ferdinando di assistere alla messa nelle occasioni solenni e di giungere non visto in chiesa attraverso uno stretto passaggio dal suo appartamento privato. Di grande bellezza la cappella del Santissimo Sacramento, progettata da Pietro Cugini allievo del Petitot, con alle pareti una serie di preziosi marmi grigi di epoca romana che furono scavati sul colle palatino a Roma presso gli orti farnesiani prelevati dall’antico palazzo di Tiberio. Importanti sono gli arredi liturgici e il coro ligneo, mirabile opera del Settecento parmense, intagliati dall'ebanista Ignazio Marchettia cui si aggiungono il pulpito, il complesso ligneo della sagrestia, oltre alle cantorie e alla tribuna ducale nella controfacciata. |
La chiesa possiede uno dei più
interessanti e pregevoli organi antichi oggi esistenti. Si tratta di uno
strumento eccezionale per dimensioni e caratteristiche sonore e
strutturali costruito dai Fratelli Sarassi di Bergamo tra il 1792 e il 1796. L’importanza dello strumento dipende anche dal fatto che non ha subito interventi significativi dopo la costruzione. Rimasto inefficiente per circa un secolo, conserva condizioni eccezionali d’integrità ed omogeneità del materiale e d’autenticità della fisionomia sonora. La chiesa di S. Liborio all'inizio fu dotata di un organo di Giovanni Cavalletti (organo a due tastiere costruito tra il 1774 e il 1777), che venne sostituito nel 1796 da uno di Andrea e Giuseppe Serassi da Bergamo. E' strano, quindi, che uno strumento nuovo di mole ragguardevole, opera di un artefice eminente, sia stato rimosso per far posto ad un organo nuovo. E' presumibile che le sonorità serassiane, già collocate dai costruttori bergamaschi in alcune chiese parmensi (cattedrale 1787, San Bartolomeo 1788, Pieveottoville 1790), abbiano affascinato il devotissimo duca. Costruito tra il 1792 e il 1796, su commissione del duca Ferdinando di Borbone, ancora 20 anni dopo era oggetto dell'orgoglio di Giuseppe Serassi che nel catalogo pubblicato nel 1816 lo poneva al primo posto in ordine di dignità. La sua singolarità lo mette in posizione di rilievo rispetto a tutta l'organaria italiana: colpiscono la sua mole (2898 canne distribuite tra 68 comandi), il fatto che le canne metalliche sono tutte in stagno puro, la struttura articolata in più corpi. Per la prima volta vennero impiegati i registri, che solo in seguito divennero consueti per i Serassi. |
Il 12 apr. 1833 venne fatta una convenzione tra la cappella reale e Giovanni Cavalletti per la manutenzione e accordatura dello strumento 3 volte l'anno, al prezzo di 130 lire, pagabili in 3 rate, dopo il collaudo effettuato ogni volta da Ferdinando Robuschi. L'8 apr. 1859 venne dichiarata decaduta la convenzione e licenziato l'organaro. Gli organisti di S. Liborio furono: Valeriano Mazza (1853), cui successe Angelo Campana (fino alla morte nel 1860), Luigi Manghi, che aveva il compito di accordare lo strumento in cambio dell'alloggio (fino al 1864). In stato di abbandono dopo l'unità d'Italia, rimase integro. Restaurato dalla ditta Tamburini di Crema, è stato inaugurato nuovamente il 5 mag. 1985 con una serie di concerti. |
La cappella dispone anche di due clavicembali di Albertino Vanini (copie di un Carlo Grimaldi, 1697), di un Pascal Taskin, (1769) e di uno spinettone italiano di Bartolomeo Formentelli copia di uno strumento tardo settecentesco di autore ignoto. |