INFORMAZIONI STORICHE E ARTISTICHE

CHIESA PARROCCHIALE SANTA CROCE

Giberto Sanvitale fece costruire, poco prima della metà del XV secolo, una cappella dedicata alla Santa Croce, che fu completata, alla sua morte (1447), dal figlio Stefano, che provvide ad erigerla a cappellania, costituendole una dote.
Il 29 maggio 1503 fu trasformata da Giacomo Antonio Sanvitale in prevostura e vi furono fondati sei canonicati.
Nell'ottobre 1509 lo stesso conte con i capofamiglia iniziano una pratica per elevare la chiesa a parrocchiale, cosa che fu abbastanza facile, mentre più complesso fu riuscire a renderla indipendente dalla chiesa di San Benedetto di Priorato e di San Salvatore della Ghiara, che in precedenza fungevano da parrocchia per gli abitanti di Fontanellato.
Mentre la separazione da Ghiare fu ratificata il 29 gennaio 1511, da Priorato si ebbe solo, per decisione del vescovo di Parma Guido Maria Conforti, il 24 giugno 1916.
Nel 1503 l'edificio fu probabilmente ampliato e dotato di campanile, come dimostra una delle campane, rifatta nel 1639, che riporta quella data, in forme gotiche, secondo quel gusto padano tipico della nostra zona nell'area dominata dai Pallavicino che usava il cotto in forme eleganti, raffinate a creare complessi ornamenti, come la decorazione intorno al portale d'ingresso, agli archetti intrecciati sul fianco e intorno al rosone della facciata. La fronte che dà su via Luigi Sanvitale è a capanna, scandita da robusti pilastri. Sono inglobati i resti delle costruzioni precedenti della più modesta cappellania.
Il  piazzale della parrochiale antistante la Rocca fu sistemato nella forma attuale nel 1844 dall'ingegner Vincenzo Rossi. Questo lato come la facciata subirono ampliamenti restauri operati dal architetto Lamberto Cusani, agli inizi del secolo, che eliminò le superfetazioni barocche per ripristinare le forme originali. Questo fianco fu sempre avvertito come incompleto per cui nei diversi tempi si proposero varie soluzioni per trasformarlo in una facciata vera e propria. Curioso, in questo senso, il progetto presentato nel gennaio 1836 dall'architetto Giovanni Pavarani, che mentre manteneva gli archetti gotici proponeva una grande trabeazione neoclassica con timpano, aggettante rispetto alla parete che fu realizzata.
Tra il 1837 e il 1852 la chiesa, soprattutto all'interno, subì vari rimaneggiamenti, poi eliminati dal Cusani, che rispettò anche l'originaria parte absidale ed il campanile (eretto in tempi diversi), per il quale fu progettato un completamento nel 1874 da Giacomo Sartori.
Il restauro di Lamberto Cusani del 1912 per molti aspetti è stato filologicamente molto più rispettoso di quanto successivamente la critica non abbia ammesso, anche se redatto in pieno revival neogotico. Più radicale fu l'intervento nell'interno, per cui la chiesa oggi si presenta a tre navate con pilastri polistili in cotto, sormontati da capitelli in pietra, cubici e foglie di loto. Il presbiterio ha una volta a crociera. Le cappelle laterali con cupolino sono barocche. All'ingresso due eleganti acquasantiere ottagonali in marmo, forse opera di Alberto Oliva. Sulla retrofacciata una Nascita della Vergine attribuita a Giovanni Bresciani (1606-1609). Di un parmense attivo agli inizi del seicento è il Battesimo di Cristo, con San Biagio e stemma Sanvitale. La statua della Madonna della cintura è stata realizzata da Giuseppe Perini (1850) su disegno di Luigi Vigotti (1844) e proviene dalla cappella del Consorzio. Il tabernacolo intagliato e la cornice del palio sono dei primi decenni del XVIII secolo, mentre il Cristo morto è di Giulio Seletti (1714). Di scuola parmense degli inizi del 1600 è anche l'Annunciazione Santa Lucia con lo stemma Sanvitale. L'altare del presbiterio in marmi è scolpito con lo stemma Sanvitale e i grifi, animali simbolici della casata, sono attribuiti ad Alberto Oliva ed è databile al 1693.
Nel coro, l'ancona marmorea, pure dell'Oliva, incastona l'invenzione della vera croce notevole opera pittorica di Antonio Nasini (1641-1715) senese, che ha realizzato l'opera dopo un lungo soggiorno di studio a Venezia, tra il maggio e l'ottobre 1689.
Il Nasini di ritorno a Siena, si fermò a Parma per copiare il Correggio modello tipico dei tours degli artisti del tempo e qui entrò in contatto con il conte Alessandro Sanvitale o con il prevosto di Santa Croce Federico Sanvitale (morto nel 1693), poiché oltre alla pala della parrocchiale gli fu commissionato anche il San Carlo Borromeo guarisce un appestato, per l'oratorio della Rocca. I sedili del coro portano la dedica del conte Federico Sanvitale (1696), il cui stemma è intagliato nel parapetto.
Nel corridoio che conduce alla sagrestia è possibile vedere parte del muro originario del lato meridionale della chiesa, sul quale è un affresco rappresentante la Madonna e S. Giuseppe che adorano il bambino, rustica opera devozionale non priva di una certa suggestione, e databile ai primi decenni del XVI secolo. Posteriore è la scritta devozionale sovrapposta datata al 27 luglio 1590.
La sagrestia ha mobili straordinari, intagliati nello stile di Giovanni Biazzi, ora riportati al primitivo fascino da un accurato restauro.
Lo stemma dei Sanvitale riconferma l'intervento dei feudatari nel sostenere la committenza e le date 1673-1682, ricalcate all'interno di uno sportello, indicano il periodo di esecuzione. Da un inventano delle chiavi (59) che aprivano i cassetti di questa teatrale costruzione lignea, si ricava che subì un restauro, per cui alcuni cassetti furono fatti di nuovo, nel 1774, sempre a spese dei Sanvitale.

ORATORIO DELL’ASSUNTA

La prima pietra fu posata il 21 luglio 1572 per volontà di Geronima Farnese, sposa di Alfonso Sanvitale, «in loco nominato dov'era la Maistà della Messa di Giacomo de Compagno appresso el ponte che se passa andare in tela Gazera».
L'oratorio si affaccia sul lato della piazza intitolata ad A. Costa ora, e si presenta nelle forme con cui fu rifatto nel 1720 per volontà di Domenico Bragadini, probabilmente dall'architetto Adalberto Della Nave, o da qualche suo imitatore, poiché la facciata ricorda l'oratorio di San Quirino di Parma.
L'interno fu decorato da Antonio Bresciani nel 1790 con vari monocromi, gli Angeli recanti simboli della Passione e una corona nei medaglioni delle volte, le Coppie dei putti con cartelle nelle due lunette presbiterali e l'Assunta con funzione di pala d'altare.
Molto interessanti anche gli arredi lignei unitari e contemporanei alla ricostruzione dell'edificio.
Il Cristo morto posto sotto l'altare maggiore dovrebbe essere quello eseguito per Santa Croce verso la fine del XVII secolo. Anche nell'oratorio di Santa Maria Assunta abbiamo una splendida sagrestia con credenzoni intagliati, capolavori del barocchetto parmense, opera quasi sicuramente di Giulio Seletti (1720).
Il pittore Sebastiano Galeotti (1676-1741) completò la decorazione con il Crocifisso e la Maddalena posta nell'anconetta, l'Addolorata e San Giovanni Evangelista sopra le porte e la SS. Trinità sul soffitto.

Articolo tratto dalla "Gazzetta di Parma" del 21 agosto 2004

Fontanellato, le sagrestie dell’Assunta e di Santa Croce
L’incanto lignèo Due capolavori da poco restaurati

La luce scivola leggera tra i tenui, ramificati rilievi che animano la calda fragranza del noce trasformato in un’armoniosa sinfonia di armadi, credenze, cornici mistilinee, vasi, cimase, ricami d’intagli gonfi d’aria: è un autentico gioiellino rococò, impreziosito dai crepitanti dipinti di Sebastiano Galeotti, la sacrestia dell’oratorio dell’Assunta (popolarmente di San Gaetano) ancora tutta da scoprire, anche se si trova in un centro turistico come Fontanellato, noto per la rocca San- vitale, con l’affascinante stanza di Paola Gonzaga affrescata dal Parmigianino, e per il santuario della Madonna.
Questo centro della Bassa parmense possiede però altri capolavori quali la menzionata sacrestia dell’oratorio e quella della chiesa parrocchiale di Santa Croce: due ambienti di grande fascino, realizzati a pochi decenni di distanza ma che rispecchiano già due tendenze estetiche diverse: quella più aerea e raffinata del rococò, la prima, e quella più sontuosa e fisicamente densa del barocco, la seconda.
I recenti lavori di restauro, fortemente voluti dal prevosto don Giancarlo Reverberi, le hanno salvate da un degrado che aveva ormai raggiunto livelli allarmanti e le hanno restituite ad una integrità che consente di godere quanto due maestri falegnami intagliatori hanno realizzato con una abilità, una sapienza e un gusto «scenico» che pone queste due opere tra le più belle in assoluto della nostra provincia, subito dopo le due prestigiose sacrestie cittadine dei Consorziali in Duomo e quella «nobile» della Steccata.
E’ stata la sacrestia di Santa Croce la prima ad essere fabbricata da Giovanbattista Biazzi poco dopo il 1693 per iniziativa della contessa Paola Simonetta Sanvitale, nipote del conte Federico Sanvitale, prevosto dal 1677 al 1693, e sua esecutrice testamentaria. La chiesa, infatti, è sorta come cappella per i vassalli del conte Giberto II nel 1437 e primo rettore è stato Nicolò Sanvitale. Nel 1503 è diventata collegiata con prevostura e con sei canonicati e nel 1509 è stata elevata a parrocchia; in quegli anni si è provveduto ad ampliarla e a costruire il campanile.
I Sanvitale hanno quindi sempre sostenuto Santa Croce per realizzare una bella sacrestia si sono rivolti con ogni probabilità (mancano i documenti) a Giovanbattista Biazzi, zibellese, affidabile e apprezzato maestro del legno in quanto nel 1685-86 aveva costruito il coro della parrocchiale di Zibello i cui intagli mostrano delle affinità con; quelli fontanellatesi.
La sacrestia della parrocchiale ha un impianto robusto e solenne, caratterizzato da una serie di lesene, con intrecci floreali e terminanti con capitellini ionico-corinzi, che scandiscono le credenze e gli armadi i cui sportelli presentano cornici concentriche al centro delle quali si trovano foglie d’acanto. La porta che conduce in chiesa è formata da pannelli con punte di diamante ed è sormontata da un timpano: si trova inserita in una specie di nicchia composta da due colonne tortili e da un arco contenente una testa di angelo con le ali spiegate. Tra le due finestre il mobile assume forma di altare con una ricchissima ancona che racchiude una «Crocifissione»; sopra si erge maestoso tra due grifoni rampanti lo stemma dei Sanvitale che si ripete più volte nella lussureggiante cimasa folta di motivi vegetali. Un insieme imponente nel quale ha trovato degna collocazione il bel quadro di Giavanbattista Tinti sul «Miracolo della Madonna della neve», avvenuto a Roma nell’agosto del 352 col papa Libero, il patrizio Giovanni e la moglie, e la processione dei vescovi per la costruzione di Santa Maria Maggiore, il cui perimetro fu «segnato» dalla miracolosa neve agostana.
L’oratorio dedicato a Maria Assunta è stato eretto nel 1572, sull’ondata emotiva degli esiti del Concilio di Trento, per volontà di Gerolama Farnes, moglie di Alfonso Sanvitalé, che faceva parte della Compagnia del Divino Amore, una confraternita con sede a Roma che aveva lo scopo di stimolare la rinascita spirituale e l’attività assistenziale della Chiesa e nella quale si sono formati San Gaetano e Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV), fondatori dei teatini (Ordine dei Chierici regolari). E infatti la statua di San Gaetano spicca in una nicchia della parete sinistra, dove si ritrovano pure altri santi oggetto di una devozione popolare per il loro ruolo di intercessori.Nel 1720 l’edificio veniva rifatto nella forma attuale grazie al finanziamento del notaio Domenico Bragadini, podestà del paese, e all’interessamento, di Alessandro III Sanvitale. 
Forse il desiderio d’emulaziòne con la vicina parrocchiale ha spinto gli sponsor a volere una sacrestia prestigiosa, affidandone la realizzazione al - parmigiano Giulio Seletti, e non si esclude. che al disegno complessivo dell’arredo abbia partecipato il celebre pittore fiorentino Sebastiano Galeotti, autore nel 1737 delle quattro raffinate tele inserite nell’ambiente; la «Santissima Trinità» al centro del soffitto; il «Crocifisso con la Maddalena» nella ancona posta tra le due finestre; la «Madonna addolorata» e «San Giovanni Evangelista», sopra le porte.
 La raccolta sacrestia-bomboniera coi dipinti coevi costituisce un insieme di straordinario richiamo e per la sua bellezza e in quanto documento integro di una particolare cultura estetica brillante d’eleganza.
La chiesa è stata completata nel 1790 con gli affreschi di Antonio Bresciani: la luminosa Assunzione che campeggia nell’abside - inserita tra sfondati architettonici con le imponenti figure monocrome di re David con la cetra e del profeta Osea versetto «sponsabo te mihi in aeternum» (2,21) - e i tondi con gli angeli recanti gli strumenti della Passione.

                                                                                                                                                      Pier Paolo Mendogni